Plinio
il Vecchio sosteneva che “l’uomo è l’unico animale che non apprende nulla senza
un insegnamento: non sa parlare, né camminare, né mangiare, insomma non sa far
nulla allo stato di natura tranne che piangere”. L’affermazione mette in
risalto il riconoscimento della fondamentale importanza dell’istruzione per la
vita del singolo individuo e per la sua integrazione nella società. Non a caso
l’istruzione è considerata un servizio pubblico essenziale, che va erogato ai
cittadini secondo il principio di uguaglianza. Si pensi anche al fatto che
negli ultimi anni si sono manifestate politiche riguardanti l’istruzione e la
formazione professionale non solo a livello statale, ma anche comunitario.
L’istruzione, dunque, data la sua essenzialità per l'individuo, è strettamente correlata con una serie di diritti e di libertà, quali il diritto allo studio, la libertà di creazione di istituti scolastici privati, la libertà di scelta dei genitori sulla formazione dei figli, e, fondamentale, la libertà di insegnamento.
L’istruzione, dunque, data la sua essenzialità per l'individuo, è strettamente correlata con una serie di diritti e di libertà, quali il diritto allo studio, la libertà di creazione di istituti scolastici privati, la libertà di scelta dei genitori sulla formazione dei figli, e, fondamentale, la libertà di insegnamento.
Arti e scienze, nel
nostro Paese sono libere e libero è il loro insegnamento. Ognuno può insegnare
ciò che vuole nelle forme che considera più opportune; anzi, possono benissimo
esistere scuole private accanto a scuole statali con gli stessi fini educativi.
Lo Stato dunque non vuole avere, per ovvi motivi di democrazia, il monopolio dell'insegnamento. Sta alla famiglia, in coscienza, decidere dove mandare i figli a scuola tenendo conto che vi possono essere istituti privati parificati a quelli pubblici, aventi cioè lo stesso valore delle scuole di Stato a tutti gli effetti. Un qualunque alunno infatti, sia di una scuola pubblica o privata, parificata o non parificata, al termine del suo corso di studi deve sostenere e superare un esame di Stato che lo farà entrare in possesso di un diploma di studio e lo abiliterà all'esercizio professionale. Inoltre la libertà di insegnamento è garantita perché è il pezzo centrale del sistema pubblico dell'istruzione, e l'istruzione è un servizio pubblico. Dunque la libertà di insegnamento è necessariamente correlata al suo contrario: si debbono attuare finalità da altri determinate. Insomma, nella docenza, vi è una parte libera e una parte non libera: non può che essere così.
Dunque la cosiddetta libertà d'insegnamento costituisce un valore fondamentale del nostro ordinamento, tutelato a livello costituzionale (art. 33, c. 1, Cost.), nonchè a livello di legge ordinaria (art. 1 D.lgs 297/94) e di norme pattizie (art. 26 comma II, CCNL scuola 2003). Su tale questione, infine, non sono possibili mediazioni, perchè la libertà di insegnamento, quella reale, garantita dall'art.33 della Costituzione, è in tutta evidenza di natura individuale: al riconoscimento di tale libertà corrisponde l'attribuzione di un diritto soggettivo al singolo docente, il quale, in piena autonomia e senza condizionamenti, proprio perchè libero, deve poter decidere, entro i limiti fissati dalla legge, sia le modalità tecnico-didattiche del proprio insegnamento, sia i valori formativi che intende trasmettere ai propri allievi.
Lo Stato dunque non vuole avere, per ovvi motivi di democrazia, il monopolio dell'insegnamento. Sta alla famiglia, in coscienza, decidere dove mandare i figli a scuola tenendo conto che vi possono essere istituti privati parificati a quelli pubblici, aventi cioè lo stesso valore delle scuole di Stato a tutti gli effetti. Un qualunque alunno infatti, sia di una scuola pubblica o privata, parificata o non parificata, al termine del suo corso di studi deve sostenere e superare un esame di Stato che lo farà entrare in possesso di un diploma di studio e lo abiliterà all'esercizio professionale. Inoltre la libertà di insegnamento è garantita perché è il pezzo centrale del sistema pubblico dell'istruzione, e l'istruzione è un servizio pubblico. Dunque la libertà di insegnamento è necessariamente correlata al suo contrario: si debbono attuare finalità da altri determinate. Insomma, nella docenza, vi è una parte libera e una parte non libera: non può che essere così.
Dunque la cosiddetta libertà d'insegnamento costituisce un valore fondamentale del nostro ordinamento, tutelato a livello costituzionale (art. 33, c. 1, Cost.), nonchè a livello di legge ordinaria (art. 1 D.lgs 297/94) e di norme pattizie (art. 26 comma II, CCNL scuola 2003). Su tale questione, infine, non sono possibili mediazioni, perchè la libertà di insegnamento, quella reale, garantita dall'art.33 della Costituzione, è in tutta evidenza di natura individuale: al riconoscimento di tale libertà corrisponde l'attribuzione di un diritto soggettivo al singolo docente, il quale, in piena autonomia e senza condizionamenti, proprio perchè libero, deve poter decidere, entro i limiti fissati dalla legge, sia le modalità tecnico-didattiche del proprio insegnamento, sia i valori formativi che intende trasmettere ai propri allievi.