martedì 5 marzo 2013

Roman Jakobson: un linguista "di razza" tutto da scoprire


Approfondire la conoscenza della lingua, ed in particolare delle teorie e dei meccanismi ad essa relativi, non solo esclusività degli "addetti ai lavori", è importante ed utile perché aiuta ad acquisire maggiore consapevolezza dell'uso che se ne fa quotidianamente e dunque consente di utilizzarla sicuramente meglio.
"Linguista sum: linguistici nihil a me alienum puto": così, parafrasando Terenzio, amava definirsi lo stesso Jakobson, noto linguista russo, ogni qualvolta voleva sintetizzare il suo personale approccio e modo di procedere nei confronti della teoria linguistica. In effetti non poteva scegliere espressione più appropriata, data la grande molteplicità e versatilità dei suoi interessi in materia: essi spaziavano da ogni minimo dettaglio della dottrina linguistica in particolare fino ad ogni problematica extralinguistica che con essa confinava. Anche per questo l'acuta presenza di Jakobson e la qualità del suo lavoro caratterizzano buona parte della linguistica contemporanea in un continuo confronto di idee ed in un'incessante capacità di rinnovamento. Difatti egli, nella sua lunga vita, ha potuto seguire tutto lo sviluppo della linguistica del Novecento, partecipandovi in posizioni di primo piano, anzi di avanguardia. Non a caso certe pagine delle sue opere diventano di autobiografia perché la sua esperienza finisce per identificarsi con quella della linguistica stessa: il fatto sostanziale é che la sua vita si conforma, quasi iconicamente, alla strutturazione dei suoi interessi. Frequentando i poeti, i teorici della letteratura ed i linguisti, egli realizzava nella sua persona d'individuo storico quella collaborazione e fusione di poetica, linguistica e filologia, che caratterizza il suo procedere e che fa eccezionalmente ricca la sua riflessione. Un autore di formidabili capacità di lavoro, le cui misure predilette sono quelle dell'ampio articolo o della conferenza, anche per l'esigenza di comunicazione e monitoraggio, che naturalmente, insieme a numerosi saggi, hanno dato origine a volumi; insomma egli preferiva la ricerca su singoli punti alla sistemazione generale. Questa scelta gli ha permesso di spaziare su tutti i territori della linguistica, della poetica, della semiotica, della storia letteraria e del folclore; questi, infatti, sono i settori dell'attività scientifica del linguista dalla giovinezza fino ai suoi ultimi anni, in una vastissima opera omogenea che si configura come un tutto indissolubile; pertanto la sua grandezza può essere meglio intesa e misurata solo sull'assieme della sua attività e produzione. Il tratto che caratterizza principalmente l'opera di Jakobson e costituisce la sua grandezza, oltre ovviamente agli autorevoli risultati conseguiti, è sostanzialmente l'abilità del suo autore nello stimolare il pensiero del lettore, mediante una ricerca intrepida condotta con un costante interesse scientifico. 
La sua bibliografia comprende centinaia di titoli ed in essa trovano la sede adatta in special modo due movimenti culturali di particolare e significativo rilievo, il formalismo e lo strutturalismo; senza voler contare poi i punti di vista sulla struttura e le indagini tipologiche delle lingue, le nuove prospettive sulla critica della espressione artistica, l'enunciazione di leggi generali sulla natura del segno linguistico e della comunicazione; quindi la nota teoria sulle funzioni del linguaggio, in cui risulta evidente l'apporto prezioso delle intuizioni del linguista, ed altro ancora. 
In ultima analisi Jakobson si appassionò ad un segmento del mondo oggettivo, come si suol dire, a trecentosessanta gradi: il linguaggio in senso lato, unica fonte possibile attraverso la quale si accede a tutto ciò che é specificamente umano (per cominciare, si consigliano del linguista, in particolare, questi testi in traduzione: Saggi di linguistica generale, Milano, Feltrinelli, 1966; Lo sviluppo della semiotica e altri saggi, Milano, Bompiani, 1978; La linguistica e le scienze dell'uomo. Sei lezioni sul suono e sul senso, Milano, Il Saggiatore, 1978; La forma fonica della lingua, Milano, Il Saggiatore, 1984; Poetica e Poesia. Questioni di teoria e analisi testuali, Torino, Einaudi, 1985).

Sulle scienze dell’educazione


La pedagogia riveste un ruolo fondamentale in quanto costituisce un dispositivo essenziale per spiegare e comprendere le questioni sollevate dalle varie scienze dell'educazione, allo scopo di incanalarle in un ambito autenticamente formativo; in altri termini non è compito peculiare della pedagogia quello di indagare come una disciplina particolare, ma come una risorsa trasversale, riflessiva, transdisciplinare e appunto per questo generale, collocata quindi sistematicamente a cavallo tra le diverse scienze dell'educazione. Sono varie poi quelle che si possono considerare altre scienze dell'educazione le quali si occupano, a volte anche in modo marginale, di elementi dei fenomeni educativi e i rispettivi esperti in ciascuna di esse sono da ritenersi degli specialisti in processi e sistemi formativi; ciò è vero in quanto le scienze dell'educazione in generale sono in grado di analizzare fenomeni e istituzioni in modo micro e macro-analitico, vale a dire nelle loro peculiarità singole e individuali così come in quelle generali e collettive; ciò significa ancora che permettono un lavoro sul soggetto in quanto tale nonché sulla struttura che lo accoglie, per giungere alla progettazione di una struttura nuova, più funzionale nell'accogliere determinati soggetti. Tali scienze da considerare appunto dell'educazione si sono quindi sviluppate intorno a quattro settori: psicologico, sociologico, metodologico-didattico e dei contenuti.

I concetti di educazione, istruzione e formazione


IL CONCETTO DI EDUCAZIONE... In generale con il termine 'educazione' intendiamo l'azione appunto di educare, istruire, formare una persona. Se si intende quindi il concetto di educazione con l'ampiezza e la comprensività che gli spettano, non si può fare a meno di accettare due conclusioni fondamentali, e cioè da un lato che non esiste società umana, per primitiva che sia, che non possieda le sue istituzioni educative, e dall'altro che l'educazione investe e copre l'intera vita dell'uomo. Ogni società elabora quella che si definisce col nome di cultura, includendo nella nozione il complesso dei valori, delle conoscenze e delle tecniche che assicurano la convivenza, la soddisfazione dei bisogni e la sopravvivenza del gruppo. Tramandare la cultura da una generazione all'altra è il compito primario di quella che si chiama appunto 'educazione': se non ci fosse stata rieducazione, l'uomo avrebbe dovuto ad ogni generazione riaffrontare ex novo i problemi dell'esistenza elementare e non sarebbe mai riuscito a evadere dalle condizioni della più estrema primitività. C'è una storia e c'è un progresso del genere umano, in qualunque modo si vogliano intendere questi concetti, perché le generazioni sono sempre state legate l'una all'altra dal tessuto vivente dell'educazione. D'altro canto, se si considera la vita del singolo, si vedrà che non si riuscirà mai a segnare un punto per il quale si possa dire che l'educazione è arrivata con esso al suo compimento. ... UNITO A QUELLO DI ISTRUZIONE E FORMAZIONE. Il concetto di'istruzione', inteso sia come procedimento metodico di comunicazione e di acquisizione del sapere sia come l'insieme delle conoscenze acquisite, non può essere approfondito se non nell'ambito di una più generale problematica educativa. Anzitutto si pone il problema del rapporto tra istruzione ed educazione, ossia del valore del fattore intellettuale nella formazione della personalità: secondo alcuni l'istruzione è di per se stessa educativa, in quanto compito fondamentale dell'educazione deve essere la formazione delle idee e del retto giudizio; per altri invece la formazione del carattere e della volontà, l'autodisciplina, l'equilibrio fisico e così via hanno prevalente importanza e valore rispetto allo sviluppo dell'intelligenza e all'acquisizione del sapere. Ma, anche nell'ambito esclusivo della formazione intellettuale, si distingue l'istruzione materiale, o informativa, che si preoccupa di erudire, di arricchire la mente di conoscenze, dall'istruzione formale, che tende a sviluppare le capacità intellettuali, a potenziare la facoltà di apprendere piuttosto che ad aumentare il numero delle cognizioni. Circa la scelta dei mezzi per ottenere un tale potenziamento delle capacità intellettive, sorge il contrasto tra i sostenitori del valore formativo della cultura umanistico-letteraria e filosofica, i sostenitori della cultura scientifica e infine i sostenitori di un insegnamento di tipo tecnico e pratico, che accusano la scuola di cultura di astrattezza e insistono invece sul valore educativo del lavoro. Occorre rilevare che il problema dell'istruzione non si pone soltanto in vista di una formazione generale della personalità, ma anche in relazione a scopi utilitari più immediati: onde nasce la distinzione tra istruzione generale e istruzione specializzata, intesa a una preparazione professionale. Le esigenze della società contemporanea, determinate dal progresso tecnico, dall'industrialismo, dalla divisione del lavoro, hanno accentuato l'importanza dell'istruzione e quindi conseguentemente della formazione di tipo tecnico e professionale. In tutti i paesi civili, accanto alle scuole tradizionali, si sono venuti diffondendo sempre più scuole e corsi di preparazione a funzioni ben precise da svolgere, a tutti i livelli, nel mondo del lavoro. Ora, proprio nell'ambito di queste scuole si ripresenta, forse in termini più concreti, il problema della distinzione tra istruzione materiale e istruzione formale: infatti una tecnica particolare di lavoro può essere appresa facilmente, mediante un breve corso di specializzazione da seguire nell'ambito di un complesso imprenditoriale, soltanto quando si sia acquisita l'abitudine allo studio e alla ricerca e la mente sia stata esercitata ad assimilare continuamente idee nuove.

L’identità della pedagogia oggi


          Oggi la pedagogia di sicuro non ha più come proprio unico oggetto il bambino, dal momento che, allo stato attuale, la pedagogia stessa si occupa dell'educazione e della formazione di tutti i soggetti durante l'intero arco della vita e nella relazione con determinati contesti e ambienti (lifelong learning e lifewide learning). 
Infatti l'istruzione è oggi più che mai uno strumento indispensabile per la costruzione di una realtà di pace e buoni rapporti tra le persone. In tutto questo le politiche per il Lifelong Learning, vale a dire l'educazione permanente lungo tutto l'arco della vita, giocano un ruolo fondamentale per consentire una formazione adeguata alle nuove e crescenti richieste della società e del mondo del lavoro. Il valore fondamentale del Lifelong Learning e le nuove frontiere dell'istruzione e della formazione sono testimoniati anche dall'evoluzione del concetto stesso di alfabetizzazione, da acquisizione delle competenze di base, leggere, scrivere, fare di conto, a insieme complesso di saperi che spazia tra varie discipline ed abbandona l'idea di un sapere dogmatizzato in favore di una 'forma mentis' più flessibile e critica. In effetti nella società in cui viviamo le nozioni apprese a scuola vengono troppo facilmente e troppo velocemente dimenticate; il mondo del lavoro invece richiede un alto livello di scolarizzazione, che poi va mantenuto. Per questo occorre creare una circolarità virtuosa tra apprendimento e lavoro.
Il Lifelong Learning non è un nuovo slogan della pedagogia, ma un concetto che ha cambiato l'idea stessa di pedagogia, facendo capire che essa non può limitarsi alla sola età della crescita ma deve snodarsi lungo tutto l'arco della vita. La sfida dell'uomo del futuro, dunque, è apprendere ad apprendere, mentre per la scuola si aprono nuove frontiere, in particolare quelle rappresentate dalle cosiddette neo-alfabetizzazioni: l'educazione ambientale, la bioetica, la multicultura e l'educazione alla pace.
Quindi la sfida attuale dell'educazione impone alla pedagogia di darsi un altro volto. Un volto interpretativo e critico, profetico anche, progettuale e non-sistemico, capace di attestarsi proprio sul carattere formale di essere sfida e di pensare il futuro piuttosto che il presente. La pedagogia attuale onora però questo suo compito solo in parte; in ogni caso il tempo del ripensare sul piano teorico l'educazione e di pensarla in termini critico­-radicali sembra quasi del tutto tramontato. 'Fare pedagogia' è, sempre di più, stare nella dimensione amministrativa: risolvere problemi sociali urgenti e legati al funzionamento del sistema, da ottimizzare e da regolare secondo la logica del calcolo. Poche voci si levano contro e oltre questa tendenza attuale del 'fare pedagogia' appunto.
Del resto la svolta epocale della globalizzazione e della civiltà planetaria ci impone di fissare nuove grandi mete che solo l'educazione ci permetterà di realizzare, poiché solo essa progetta e trasforma insieme, soprattutto essa pensa il futuro dall'uomo e per l'uomo.
E' per questo che una pedagogia concepita in tal modo deve contrassegnarsi prevalentemente partendo dalla progettazione e interpretazione del futuro. Deve leggerne i segni nel presente, deve decantarne le attese, deve organizzarne l'immagine, assegnando a quel futuro un'identità e una fattibilità: un'identità, appunto, organica, e una fattibilità strutturata in strategie, politiche sociali e individuali. L'aspetto di organicità di tale futuro deve emergere dall'analisi razionale dei bisogni e delle attese, in quanto la validità e l'efficacia di un tale progetto si misura proprio su questo scenario di costruzione di un tempo nuovo che tenga conto delle istanze più profonde, e più propriamente umane, che tale futuro già dal nostro presente mette in gioco. Quel futuro sarà e dovrà essere per l'uomo, per quell"umanità' che la pedagogia cura, tutela e 'coltiva' e che già nel presente appare come il principio e valore intorno al quale dovrà venire a costituirsi il mondo futuro.