mercoledì 28 novembre 2012

Una questione di fondamentale importanza: presupposti ed implicazioni della credibilità dell’insegnante e dell’interazione in classe


La credibilità è onestà, coerenza, fiducia e coinvolge caratteristiche e qualità della persona, implica una sorta di rapporto, di relazione che si instaura con chi si ha di fronte; la credibilità stessa presuppone comunque una parte di rischio.
Ma quali sono le radici della credibilità? Intanto conoscenze e competenze che identificano la figura di un esperto; poi valori di riferimento comuni e dunque condivisibili; infine attaccamento e affettività che rappresentano il tratto umano consistente proprio nel voler bene a qualcuno.
Facciamo una premessa sociologica: quello dell’insegnante è un ruolo, un centro di aspettative nei confronti degli studenti, dei loro genitori, dei colleghi, dei dirigenti e così via. Quindi la sua competenza si esprime su quattro livelli:
-         l’insegnante è l’esperto in una disciplina, conosce cioè bene la sua materia;
-         egli possiede la capacità di insegnare, vale a dire che ha competenza didattica e metodologica che consente di condividere la conoscenza di contenuti in maniera interessante e coinvolgente, il che implica anche il possesso di competenze pedagogiche, psicologiche e sociologiche, ragion per cui si può parlare di alta professionalità dell’insegnante stesso;
-         egli ha anche competenza comunicativa, intesa come capacità di identificare il giusto ed adeguato stile di comunicazione da utilizzare per ottenere efficacia comunicativa in base alle proprie finalità ed al particolare contesto con cui si trova di volta in volta ad avere a che fare; sono dunque importanti i destinatari della comunicazione quale elemento fondamentale per l’efficacia della stessa comunicazione la quale si esplica appunto nella capacità di assunzione dell’atteggiamento e del ruolo dell’altro che si ha di fronte, spogliandosi del proprio egocentrismo ed evitando l’autoreferenzialità, consapevoli del fatto che la comunicazione è in sé sempre un rischio;
-         l’insegnante possiede anche competenza drammaturgica e teatrale, nel senso che è sempre alla ribalta perchè il suo lavoro si svolge quotidianamente sul ‘palcoscenico’ davanti agli studenti, è cioè sempre ‘attore’ sulla scena; per questo è necessario saper gestire ciò che va in scena ed è richiesta appunto una presenza scenica per riuscire a comunicare efficacemente, sapendo così come coinvolgere ed interessare chi guarda ed ascolta. Bisogna essere in grado di controllare il setting operativo, trovando il giusto equilibrio tra dinamismo, inteso come partecipazione emotiva dell’insegnante nell’attività educativa e didattica, e immediatezza, ossia la capacità di accorciare le distanze tra docente ed allievi. Risulta quindi essenziale l’aspetto comunicativo unito a quello paralinguistico, rappresentato da scienze come la cinesica e la prossemica.
Per quanto riguarda invece i valori da condividere nell’ambito della propria professionalità, troviamo gli orientamenti normativi, i valori prettamente professionali e quelli inerenti nello specifico il rapporto con i ragazzi. Nei confronti della professione si può essere più o meno immedesimati, nel senso che la professione stessa può rappresentare a vari livelli una realizzazione, una vocazione. Si ha invece un approccio cinico quando la motivazione non è intrinseca, ma appunto estrinseca. Naturalmente nella percezione dell’interlocutore conta di più chi ci mette passione, per cui rivestono particolare importanza in tale contesto l’aggiornamento professionale e l’approfondimento. Altrettanto importante è la serietà in quanto l’improvvisazione non paga anche perché è indice di scarsa considerazione di chi si ha di fronte. Tra l’altro chi chiede serietà agli studenti deve innanzi tutto essere sempre coerentemente ed onestamente serio di per sé stesso. Infatti l’esempio risulta fondamentale perché si può chiedere precisione, puntualità e impegno, solo se si è a propria volta precisi, puntuali ed impegnati; l’esempio è inoltre determinante per soddisfare  la reciprocità delle aspettative.
In un tale contesto anche il concetto di giustizia risulta essenziale, nel senso di operare senza parzialità, particolarismi e preferenze, anche se chiaramente può non essere sempre semplice ed inequivocabile. La giustizia così intesa sarà di tre tipi: distributiva, vale a dire ricevere il giusto compenso per quello che si fa e produce; procedurale, cioè garantire a tutti la stessa procedura di esecuzione delle azioni in classe; interazionale-relazionale, che sta a significare non riservare maggiore attenzione solo a determinati allievi a scapito dei restanti. La percezione della giustizia da parte dei ragazzi rappresenta, per quanto detto, anche una considerevole fetta della loro motivazione ad impegnarsi. La simpatia, quindi, è senza dubbio una trappola perché può dar luogo alla manifestazione di preferenze da evitare a prescindere.
Veniamo infine alla considerazione della dimensione affettiva sia nei confronti del proprio lavoro sia degli studenti. Torniamo intanto alla questione del metterci passione nello svolgere il proprio lavoro per aggiungere che con ciò intendiamo il credere in quello che si fa ed essere adeguatamente motivati a farlo. Passiamo poi a parlare nuovamente della credibilità per dire che ne esistono tre varianti: c’è quella complementare, in cui due soggetti in relazione tra loro non possono scambiarsi i ruoli; quella simmetrica, dove gli stessi soggetti possono invece farlo; quella reciproca, in cui idealmente assistiamo ad una complementarità che sa però ascoltare e presenta elementi di simmetria uniti ad una maggiore funzionalità. L’insegnante è dunque davvero credibile non solo perché è competente, appassionato, motivato e quant’altro detto finora, ma soprattutto quando sa guardare ed ascoltare, interrogandosi quotidianamente sulla presenza di ogni suo studente. Difatti l’esigenza fondamentale di ciascun allievo è appunto che il proprio docente si accorga di lui e lo tenga in giusta considerazione. Questa è, in ultima analisi, la grande radice della credibilità.
Diciamo ancora poi che la competenza fa scattare il rispetto da parte degli allievi, la serietà fa crescere la stima da parte loro, l’umanità costituisce uno stimolo per l’immedesimazione.
Altra questione essenziale, infine, è se sia o meno credibile un insegnante nella società attuale ed anche in questo caso bisogna opportunamente distinguere. Nella fattispecie se parliamo di credibilità DEL ruolo, va preso atto che il trend odierno tende a valutare negativamente la figura dell’insegnante contrariamente al passato; generalmente, infatti, i genitori appartenevano una volta ad un livello sociale inferiore e manifestavano rispetto per l’insegnante. Dal punto di vista del prestigio sociale, dunque, la situazione è totalmente cambiata ed a questo indebolimento della figura e del ruolo dell’insegnante contribuiscono a vari livelli anche il tipo di istituto e la disciplina insegnata. Se ci riferiamo, invece, alla credibilità NEL ruolo, intendiamo con questa espressione il modo in cui ogni insegnante interpreta il proprio ruolo; vale a dire, nello specifico, che, nella dimensione e nel contesto in cui si viene a trovare, ciascun insegnante si gioca le proprie carte ed è quindi direttamente responsabile della sua credibilità.

martedì 20 novembre 2012

Un pensiero sull'educazione


"[....] L'educazione ben diretta non ha tanto di mira d'insegnare una o due idee positive di più o di meno, quanto di ispirare l'amore di una scienza [....]. Quasi diremmo che non si tratta di formare un libro ma un uomo; giacchè a un libro rassomiglia un uomo meramente passivo, il quale tante idee tiene quante gliene sono state date, mentre al contrario il carattere della mente è quello di essere attiva, creatrice". 
Vincenzo Cuoco

martedì 13 novembre 2012

L’interessante fenomeno degli ipercorrettismi nella acquisizione del linguaggio verbale


Sicuramente molte sono le determinanti biologiche del linguaggio verbale che agiscono a vari livelli e, tra queste, può essere interessante proporre ipotesi che giustifichino un aspetto dell'apprendimento del linguaggio nel bambino piccolo e tentare di far luce su come venga appreso il corretto uso morfologico all'inizio di tale apprendimento. Per ciò si ipotizza e si sostiene che esso sia facilitato da capacità "logiche" prelinguistiche. Si può tentare di fornire un quadro di riferimento a quel particolare fenomeno che viene detto "ipercorrettismo". Curiosamente esso si rivela, in qualche modo, una precisa strategia involontaria messa in atto dal bambino, nel corso dell'apprendimento del linguaggio.
Nella lingua italiana l'ipercorrettismo porta a singolari errori, più di sovente nella coniugazione dei verbi. L'ipercorrettismo si presenta come un processo di costruzione attiva. C'é un adattamento nei confronti di nuove situazioni linguistiche, indipendentemente, in apparenza, da un comportamento che sia solo mnemonico-imitativo.
Succede che il bambino formuli egualmente in -ito il participio passato dei verbi irregolari, per cui aprire/aprito, coprire/coprito, o in -ato: scrivere/scrivato, leggere/leggiato. Se il bambino imparasse la lingua solo per imitazione, questo non avverrebbe perché sarebbe appresa e usata subito la forma corretta, irregolare. Invece la maggior parte dei bambini italiani commette questo tipo di errore, che poi non é altro che immaginare regolare, come dovrebbe essere, ciò che é in realtà irregolare. É il medesimo errore che commettono gli stranieri che apprendono la nostra lingua "per pratica". Il bambino, all'inizio apprende la forma irregolare corretta, poi la abbandona per passare ad una forma ipercorretta, ma errata, per ritornare infine alla forma irregolare, corretta. Questo può essere spiegato solo ammettendo che nella prima fase il bambino apprenda per imitazione. Nella seconda fase subentra una costruzione attiva, avente tanta forza da essere preferita alla corretta imitazione. Infine nella terza fase sopraggiunge la consapevolezza che la forma imitata, benché sentita come "scorretta", é però quella che si usa.
Se si osserva bene, con l'uso degli ipercorrettismi il bambino dimostra di stare applicando una regola precisa. In particolare dovremmo chiederci se questi principi di logica siano appresi contemporaneamente al linguaggio. Potrebbe anche darsi che essi non vengano appresi durante l'acquisizione del linguaggio, perché già presenti. La loro funzione, allora, come strumento per l'acquisizione dello stesso linguaggio, porterebbe a dedurre che essi facciano già parte del patrimonio intellettivo, prima dell'acquisizione del linguaggio verbale. Quindi tali principi preverbali sono appresi grazie alla comunicazione non-verbale che precede il linguaggio verbale, oppure sono indipendenti da qualsiasi tipo di comunicazione, essendo già presenti alla nascita come modalità di funzionamento di meccanismi neurofisiologici e sembra essere questa la spiegazione più adeguata e plausibile.
Per fare un esempio data una forma verbale in - IRE si passerà, probabilmente per richiamo mnemonico, alla forma [verbale] in - ITO, cioè si costruisce una regola generale che porterà alla convinzione, e quindi alla scelta, che tutti i verbi che finiscono in -IRE all'infinito, se necessario, finiscano anche in -ITO al participio passato. La regola che si costruisce sulla ripetizione, memorizzazione e conferma di ogni caso "regolare" udito serve a riprodurre il modello, vale a dire, a ricreare qualcosa uguale ad una precedente, a produrre identità.
In riferimento ancora una volta ai participi passati dei verbi aprire, coprire, le forme aprito e coprito sono errate solo perché, nella lingua italiana, questi due verbi hanno i participi passati in forma irregolare. Lo stesso vale per tutte le forme di ipercorrettismo.
Come si può arguire, un processo di questo tipo, che funziona tramite costruzione/percezione di identità, non opera di certo, a questa età, in ambito semantico. Quindi convince invece il fatto che simili identità possano trovare realizzazione solo partendo da attributi extrasemantici della parola. Questi sono da individuare, almeno nel bambino che impara a parlare, nelle caratteristiche fonetiche della parola stessa.
Il fenomeno degli ipercorrettismi può essere interpretato come la conseguenza di una serie di constatazioni di identità, fatte sul percetto dalla consapevolezza non razionale, con l'aiuto di una memoria, e costruita su una caratteristica distintiva non semantica della parola che deve essere identificata con il suono della parola stessa. Nell'età in cui il bambino presenta il fenomeno degli ipercorrettismi la mielinizzazione del SNC, che si completa nel terzo anno di vita, non si é ancora conclusa o lo é appena; la corticalizzazione é ben lungi dall'essersi stabilita e l'esperienza linguistica é in corso di formazione. Ne consegue pertanto che meccanismi più primitivi, di tipo extra-verbale, hanno più facilità a far sentire il loro peso, anche nell'acquisizione dello stesso linguaggio verbale.
Nell’acquisizione del linguaggio verbale, la terminazione delle parole ha particolare rilevanza percettiva. Studi di fonetica acustica confermano che le terminazioni delle parole attirano l'attenzione del bambino. Ciò sembra riflettere una tendenza precoce e generale da parte del bambino a porre attenzione alle terminazioni, per il significato. Questa é una specie di euristica generale, o principio operativo che il bambino usa al fine di organizzare e immagazzinare il linguaggio. Se si chiede ad un bambino di età prescolare di dire la prima parola, o tutte le parole che gli vengono in mente, data una parola-stimolo, nella stragrande maggioranza dei casi risponderà con parole che hanno un legame fonetico con lo stimolo o un legame di completamento. Nella genesi degli ipercorrettismi, la parola ipercorretta si forma appunto sulla scorta dell'azione di entrambi questi meccanismi "logici".
Esiste una forma di logica più primitiva, più grossolana, già presente fin dalla nascita e legata a meccanismi di funzionamento della struttura neuronale, tipica del pensiero pre-concettuale, che interviene nella genesi degli ipercorrettismi.
Lo studio degli ipercorrettismi che si verificano in corso di acquisizione del linguaggio infantile é di per se stesso tutt'altro che lo studio di una curiosità, bensì quello di un fenomeno privilegiato, di un "esperimento" naturale, in grado di fornire interessanti informazioni sulle modalità con cui avviene lo sviluppo del linguaggio e sulle strutture che lo sostengono.
L'ipotesi che gli ipercorrettismi siano dovuti all'azione normale di particolari meccanismi "logici" neurofisiologici, extralinguistici e prelinguistici direttamente inerenti a modalità di funzionamento della rete neuronale del S.N.C., e in grado di portare alla costruzione/percezione di identità per sovrapposizione spaziale neuronale del percetto (identità per similarità) e identità per contiguità neuronale spaziale o temporale del percetto, può spiegarne esaurientemente la genesi.

martedì 23 ottobre 2012

L’emergenza educativa: importanza delle principali agenzie educative, la famiglia e la scuola


Si dà il nome generico di educazione all’imponente complesso di attività con le quali coloro che hanno già raggiunto una certa maturità, gli adulti, cercano di rendere possibile e favorire il medesimo conseguimento a coloro che sono ancora relativamente immaturi, i giovani.
Nella nostra società le principali agenzie deputate all’azione educativa sono la famiglia e la scuola. Tanto i genitori quanto gli insegnanti e gli educatori in genere hanno il dovere di occuparsi dello sviluppo dei figli e degli allievi per la formazione di individui adulti integrati e attivi nel proprio contesto sociale.
La scuola deve assicurare la crescita critica di personalità equilibrate e la famiglia, in un certo senso “educata” a sua volta dalla società, possiede gli strumenti educativi più potenti e determinanti, dato il contesto di interdipendenza affettiva, emotiva e materiale da essa costituito. Purtroppo, però, come detto anche in un altro intervento, è in crisi la capacità di una generazione di adulti di educare i propri figli. A ciò si aggiunge la radicale modifica che ha avuto l’habitat più naturale fin da bambini, costituito dalla famiglia, e l’immensa spinta all’apprendimento virtuale impresso dalla tecnologia. Tra le domande più significative da porsi, poi, c’è quella di come va sviluppata la relazione educativa che sta alla base di tutto il processo formativo e quale ruolo assume l’insegnante in questa opera di accompagnamento, non solo alla conoscenza del mondo; per l’aspetto più propriamente educativo, inoltre, c’è sicuramente da chiedersi come insegnare ai propri alunni a vivere su un pianeta nel quale vi sono grandi contraddizioni e continui mutamenti. La scuola ha, quindi, un compito che la caratterizza non solo come risorsa sociale indispensabile per le esigenze della famiglia di oggi, ma anche una missione culturale che incide notevolmente nell’orientare gli stessi genitori sulla strada educativa da percorrere.
La relazione educativa, quindi, rappresenta lo strumento attraverso il quale le intenzioni educative diventano nel tempo risultati educativi. In effetti quando manca una costruttiva relazione interpersonale tra adulti e ragazzi, l’impegno educativo non produce effetti. Del resto i giovani si accorgono subito se gli input educativi si poggiano su semplici enunciazioni o si basano su azioni traducibili in esempi di vita, e ciò vale tanto per l’insegnante e l’educatore quanto per i genitori che hanno come compito primario quello di educare i propri figli e il dovere, pertanto, di esserne capaci.
Ecco perché, anche dentro la scuola, è necessario riprendere il dibattito pedagogico su come intendere oggi la relazione educativa e su quali valori poggiarla. 

martedì 15 maggio 2012

Sulla figura del docente-educatore


Il docente-educatore assolve un compito e riveste un ruolo di fondamentale importanza, nell'ambito e nel contesto delle istituzioni educative e convittuali, che richiedono competenza, passione, professionalità, vocazione e responsabilità; in effetti la funzione principale ed essenziale del docente-educatore stesso consiste appunto e propriamente nell'educare, nel senso più alto ed ampio del termine, e nel formare quindi i giovani alla sua figura affidati. Il suo obiettivo primario sarà dunque quello di tirar fuori da ciascuno di loro il meglio di sè, facendoli crescere, maturare e soprattutto facendo acquisire loro coscienza e consapevolezza della propria individualità ed identità nella società; inotre farà in modo di renderli così delle persone capaci e pronte a prendere decisioni ed in grado di compiere le proprie scelte autonomamente e liberamente per sapersi costruire quotidianamente un solido futuro da adulti.