domenica 6 dicembre 2020

L'educazione é alla base di una bella vita


L'educazione é alla base di una bella vita

Modeling ed empatia in classe. Rinforzo positivo e neuroni specchio, per una buona didattica


Il termine “modeling” è utilizzato in diversi campi, oggigiorno: non solo quello della didattica. Esso fu coniato da Albert Bandura per indicare una modalità di apprendimento che si basa sull’osservazione di un modello e la riproduzione del suo comportamento.
Bandura, in tal modo, fuse comportamentismo e psicologia cognitiva, definendo in senso lato l’apprendimento come imitazione.

L’esperimento

Bandura effettuò alcuni esperimenti per dar credito alla sua teoria e identificare un modello di apprendimento basato sull’imitazione: tra questi, uno famoso è quello che coinvolse alcuni bambini, divisi in due gruppi.
Al primo gruppo mostrò dei filmati in cui un adulto si comportava in maniera aggressiva con una bambola, colpendola più volte, mentre al secondo gruppo di bambini non mostrò nulla.
I bambini vennero poi lasciati liberi di agire come meglio credevano in una stanza piena di oggetti, e quelli che avevano visto il filmato cominciarono ad agire in maniera più aggressiva con essi.

Il modello del docente e il rinforzo vicariante

Dunque, in accordo con Bandura, è importante che il docente rappresenti un modello da imitare.
Molto spesso gli insegnanti che utilizzano questa metodologia si avvalgono anche del “rinforzo vicariante”.
Si tratta da una eventuale punizione o premio elargito sulla base del comportamento dell’alunno, che dovrebbe essere in conformità con un modello condiviso da tutta la classe.
Tale modello può essere sia ideale – ovvero costituito da una “behavioural persona” (una serie di regole che vanno a costituire il comportamento perfetto) oppure reale, dunque rappresentato dal docente o chi ne fa le veci.

I neuroni specchio

L’apprendimento dei comportamenti deriva perciò dall’osservazione di un modello – reale o ideale – che viene imitato.
Ma perché si fanno le stesse cose che si vedono fare agli altri?
Perché si innesca un processo di empatia.
Esso avviene per la presenza, nel nostro cervello, dei cosiddetti neuroni-specchio, che si attivano nella nostra corteccia cerebrale quando vediamo qualcuno compiere qualcosa o provare un sentimento (come accade nei film: piangiamo se sono drammatici, ad esempio).
In pratica – come è stato scoperto anche grazie a un esperimento sui macachi – che si compia un’azione o la si veda compiere è indifferente a livello cerebrale: in noi si attiva lo stesso identico pattern.

Se manca l’empatia?

Lo sviluppo dell’empatia dunque è una conditio sine qua non per attivare il modeling.
Il motivo per cui esso non è una strategia sempre attuabile sta proprio in questo: perde efficacia con bambini o ragazzi affetti da autismo – nelle sue varie forme, anche lievi (es. sindrome di Asperger), poiché essi accusano un ridotto funzionamento di questo tipo di neuroni.
In tal caso, dunque, bisognerà puntare non sull’apprendimento per imitazione (intuitivo, automatico) bensì su una spiegazione del comportamento da seguire – modellata secondo le esigenze del discente affetto da autismo.

Obiettivo

L’obiettivo principale del modeling, in definitiva, è quello di instillare nei discenti la percezione dell’auto-efficacia, che secondo Bandura è “la convinzione delle proprie capacità di organizzare e realizzare il corso di azioni necessarie per gestire adeguatamente le situazioni che si incontreranno in un determinato contesto, in modo da raggiungere gli obiettivi prefissati”.

Nella pratica

Per raggiungere l’obiettivo del modeling, recentemente, i docenti mettono in pratica una strategia video, che consiste nel far guardare ai discenti dei brevi filmati audiovisivi concernenti buone pratiche e modelli da seguire.
Ciò accade soprattutto per materie come l’educazione civica e ambientale (quelle che raccolgono probabilmente più delle altre un corpus di norme).
Il vantaggio del modeling attraverso il video è quello di mettere in atto situazioni di auto-apprendimento tramite un medium che gode di forte influenza nei bambini e negli adolescenti.
In tal modo, i discenti scoprono anche la funzione didascalica della televisione, e al tempo stesso hanno un livello di attenzione maggiore
(Di Myriam Caratù)

venerdì 24 aprile 2020

Apocalypse Now


Un fatto è certo: quando ho iniziato ad esercitare la mia professione di psicoterapeuta, occupandomi nel tempo sempre più  di bambini, di adolescenti e delle loro famiglie, non avrei mai pensato di affrontare problemi, disagi e psicopatologie in rapidissimo cambiamento, quasi che dovessi aggiornare le mie mappe mentali non ogni decennio, attraverso i consueti aggiornamenti scientifici, ma con cadenza quasi semestrale, se non addirittura mensile. Un po’ come si fa ora per i software. Ciò che facevo una volta, la diagnosi, la valutazione clinica e gli interventi, risultano spesso oggi fuori luogo, inutili e, rivedendoli col senno di poi, li vivo quasi con nostalgia professionale. Raro ormai incontrare bambini ossessivi o fobici; la depressione, perlomeno quella caratterizzata da ritiro e senso di tristezza, sembra quasi inesistente; di adolescenti con esordi psicotici se ne vedono sempre meno e famiglie disfunzionali, con le caratteristiche che mi hanno insegnato all’università o come recitano i “sacri” testi, sono quasi in estinzione, o almeno così pare. Al mio studio accedono una grande quantità di bambini disorganizzati che si muovono come trottole, che non riescono neppure a rimanere seduti e a guardarti in faccia; adolescenti refrattari che non hanno né timori né curiosità, che non sanno neppure perché si trovano da uno psicologo né reputano necessario saperlo; genitori confusi che domandano cosa abbia il proprio figlio senza mai aver pensato (fino a quel giorno) cosa significhi essere padri o madri e cosa bisognerebbe fare per esserlo. Nel tentativo di offrire un aiuto a queste famiglie e ai loro figli, vengo a scoprire storie e trame così incredibili da superare ogni estrema fantasia: non posso riportare queste storie; non le posso raccontare in quanto nessuno (dico nessuno) mi crederebbe, ma so che molti miei colleghi sanno di cosa parlo. Parlo di un’educazione sprofondata; di genitori che, per non far soffrire i loro figli rosei e cicciottelli, non hanno mai pronunciato un “no”, non hanno mai detto loro cosa è bene fare e cosa non fare, salvo avere amputato loro la dimensione del tempo, facendoli collassare in un “presente infinito” da “svoltare” a tutti i costi. Ecco dunque giungere a consultazione genitori picchiati da figli di due anni e mezzo (sì, avete capito bene: due anni e mezzo! Non ci credete, vero? Vi avevo avvisato, però); adolescenti senza alcun desiderio e con un campo cognitivo ristrettissimo, a tal punto da non riuscire a dare una semplice indicazione stradale (non si tratta di soggetti insufficienti mentali, soltanto avulsi dalla realtà); ragazzini che di giorno mettono a soqquadro le case, insultano gli adulti, ma che stranamente di notte, da tremendi orchi e tiranni, si trasformano improvvisamente in teneri pulcini smarriti, non in grado, per la paura, di dormire da soli (lo sapete che ho conosciuto anche una famiglia che ha fatto costruire un lettone a quattro piazze, per ospitare di notte i due piccoli orchetti? Lo so, non ci credete, ma ho le prove…). Il buonismo ad ogni costo, il non dare regole perché altrimenti i figli soffrono, il dare tutto ciò che vogliono per non farli sentire diversi, sta mietendo vittime oltre ogni nostra immaginazione e sta rapidamente cambiando non solo le caratteristiche della psicopatologia dell’età evolutiva, ma anche l’esistenza quotidiana. Tutto questo infatti si traduce in un aumento esponenziale di patologie connotate da dipendenza specialmente nell’adolescenza. Malgrado il fenomeno sia massiccio e sotto gli occhi di tutti, poco se ne parla: media e TV sono indaffarati a dare la caccia a trans […] e a scontri politici tra goffi personaggi somiglianti sempre più a pupazzi da rottamare, mentre gli opinion leader più invitati arrivano numerosi da quelle “scuole di pensiero di alto profilo” come il Grande Fratello e company. La crisi economica, la disoccupazione, il buco dell’ozono, l’energia rappresentano sicuramente dei problemi enormi, ma diventano quasi irrilevanti di fronte a quanto sta accadendo negli ultimi anni alle giovani generazioni e alle loro famiglie. Si ripete sempre, e spesso ci si riempie la bocca, che i bambini sono patrimonio dell’umanità (e non può essere diversamente, poiché rappresentano il futuro del pianeta), ma è rarissimo che qualcuno, qualche istituzione, qualche governo, qualche struttura sovranazionale ci indichi come salvaguardare questo preziosissimo patrimonio. Eppure oggi sappiamo per certo […] quanto occorre fare e quanto andrebbe evitato per crescere i figli forti, autonomi e sicuri. Sarebbe necessario che le istituzioni, avvalendosi della ricerca scientifica e dei più avanzati studi nell’ambito della psicologia dello sviluppo, iniziassero a costruire interventi lungimiranti a favore dei bambini e degli adolescenti, a cominciare dalla famiglia e dalla scuola. Non attraverso riforme e leggi statiche che poco cambiano la sostanza, ma cercando di costruire insieme e gradualmente una cultura pedagogica condivisa. Immagino scuole per genitori permanenti accanto a quelle tradizionali degli alunni; trasmissioni televisive intelligenti e mirate a stratificare culture.

 (Rosanna Schiralli, psicologa e psicoterapeuta)

sabato 14 marzo 2020